E’ dura. E’ un casino fare quello che facciamo. Essere artigiani, essere creativi, essere artisti (per chi è capace di definirsi tale). Essere quelli che contano solo sulle proprie forze.

E’ anche soprattutto un privilegio, non lo dimentico. Ma ci sono giorni in cui sembra solo un labirinto. Mi sono guardata in giro per abbastanza tempo da capire che è un sentimento comune a chi fa questo lavoro, una confusione che ci piglia tutti per i piedi una volta o l’altra. A volte è solo un momento di dubbio, a volte sono giorni grigi in cui tutto sembra storto.
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Viviamo di quello che facciamo e quello che facciamo, se ci proviamo ad essere autentici, è quello che siamo. Osserviamo il nostro lavoro, lo spulciamo, lo facciamo a pezzettini e se andiamo abbastanza in profondità sezioniamo noi stessi.

Non è abbastanza passare gran parte della nostra giornata (volenti o nolenti) navigando in internet, assaliti da ogni lato da chi ha più successo di noi, da chi ci sembra più bravo, da chi è effettivamente stratosfericamente più bravo e irraggiungibile, da chi lavora di più, da chi sembra più motivato di noi, chi ci mette più entusiasmo. No, oltre a quello vaghiamo da un guru all’altro, pendendo dalle labbra di esperti di marketing, da studiosi di social, da star del branding, santoni dello story telling. Affrontiamo ogni nuovo articolo con rinnovata ferocia, ogni conferenza con sfrenato entusiasmo, ogni libro con verde speranza. Afferriamo quella momentanea scintilla di comprensione tenedola stretta tra le mani e con essa illuminiamo di nuova luce tutto quello che abbiamo fatto fin ad ora, pronti a determinare esattamente quale è stato il nostro errore, dove possiamo migliorarci, quale è la nuova strada da seguire. Riscriviamo il nostro “about”, aggiustiamo un paio di descrizioni di prodotti, programmiamo una decina di post su facebook. Osserviamo il nostro operato strofinandoci le mani e poi, piano piano, torniamo inevitabilmente a ripiegarci su noi stessi, di nuovo incerti, di nuovo dubbiosi. Pronti a nutrirci da capo di quella materia di cui ormai siamo diventati così esperti da poterla insegnare noi stessi.
Stamattina ho clickato sull’ennesimo articolo che annunciava “10 modi per avere una pagina Facebook di successo”, ne ho letto le prime tre righe e volevo vomitare.

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Foto particolarmente esplicativa del sentimento legato ai social media. Di Michellisphoto

Confessate. Come si chiama il vostro cliente ideale che avete creato compilando tabelle sul target che riportano anche il nome dei cereali che mangia la mattina? La notte, quando vi rigirate nel letto, non provate il puro e semplice istinto di farlo esplodere con una bomba? Okay, magari è troppo… magari solo di tagliargli con una forbice tutti i vestiti che avete immaginato per lui e avete riposto con cura nell’armadio della vostra mente. La nostra Anne non immagina neanche come sia facile strozzarsi con un poster letterario.

Ogni tanto mi assale un senso di ribellione contro tutto. Contro ogni parola ragionata, ogni immagine studiata. Contro la storia personale scritta e riscritta nel nostro about almeno 25 volte, a volte accorciata fino al minimal, a volte allungata fino a sembrare Guerra e Pace e che, durante quei giorni grigi, non sembra neanche la nostra. Lo so che devo essere sui social perché i miei clienti sono lì e che è stupido fare gli sdegnosi e non sfruttarli. Lo so che devo essere me stessa, ma che anche devo parlare al mio target. Lo so che devo creare ed essere sempre originale. So che devo ascoltare i bisogni dei clienti ma anche i miei. WOW, ci sfido che la notte a volte ci rigiriamo senza dormire.

La settimana scorsa questo malumore mi ha assalito peggio del solito, magari era il cambio di stagione, magari era l’umore di mia sorella contagioso o forse il conto in banca minaccioso.
Ora va meglio. Ho resistito all’impulso di buttare via tutto, come è già capitato tante volte. Mi sono arrotolata un po’ nella frustrazione, anche godendomela un po’ (ma sì, quando?!) e annaffiandola sperando che ne uscisse qualcosa di buono. Mi sono rifiutata di fare una lista, di scrivere i buoni propositi su un foglio, di mettere qualche stupida frase tipo “not all who wander are lost” (questa è per Luisa) sul desktop.

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Foto da 20 Motivational Quotes to start your week X_X URGH!

Ad essere sinceri non ho fatto proprio niente. Mi sono lagnata un po’ con le amiche che sopportano sempre con pazienza. Ho piantato qualche seme, qualche domanda sperando che ne possa spuntare qualcosa di nuovo. E mi sono rimessa a scrivere perché non lo facevo da un po’. Perché nella mia testa posso immaginare mondi e non sono limitati dalla mia capacità di rappresentarli… magari un po’ dalla mia capacità di scriverli. Ma se lo faccio per me stessa non conta.

E poi si persevera, negli errori e nelle stupidaggini e negli articoli su come vincere contro pinterest, nell’ignorare gli account di Instagram così perfetti da essere alieni e nell’odiare facebook. Mettendoci tanto impegno che poi alla fine è quello che conta. Ci si fa un tè, si ascolta un po’ di buona musica e si ritorna un po’ a se stessi cercando di non scappare via strillando.

Ditemi cosa fate voi quando vorreste buttare tutto, quando quello che fate sembra solo “una roba”… noi intanto mettiamo su il bollitore.