C’è chi dice che coltivare un orto sia segno di vetustaggine. Che augurarsi che piova quando c’è stato tanto sole sia indice di una giovinezza ormai appassita. La verità è che coltivare un orto è una delle esperienze più emozionanti ed esaltanti che ci siano (esagero?? :D). Lo sa chi si è sentito inumidire gli occhi sfilando dalla terra una bella carota diritta e cicciotta o si è sentito gonfiare il cuore di orgoglio cogliendo il primo pomodoro rosso e caldo della stagione. Senza contare che mangiare quello che si è accudito per mesi con cura e amore ha tutto un altro gusto, tutto un altro valore. Si prova una sorta di emozionata reverenza nel mangiare la propria verdura, una gratitudine profonda.

Se potessi io scapperei nell’orto ogni volta che posso, per misurare quanto si sono allungate le zucchine durante la giornata, sbirciare sotto terra la larghezza delle cipolle o fare il tifo per i cavoli affinché si chiudano stretti stretti. O anche solo per stare seduta all’ombra dei pomodori e spargere uno sguardo amorevole sulla prole.

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La verità purtroppo è che Pemberley Manor, pur con tutto il suo fascino, è un luogo inospitale all’orticultura. Sarà la sua esposizione fatale, quei tre o quattro gradi di temperatura inferiore al resto dell’universo che ci condannano al golfino perenne (ma ci tengono freschi d’estate) o semplicemente le schiere di lumache che non possono essere sconfitte… fatto sta che crescervi qualcosa di commestibile è un lavoro duro.
E’ per questo che quando ci è stato offerto l’uso di un po’ di terra ridente e assolata non abbiamo saputo dire di no.

Nel paese vicino al nostro vivono Agnese ed Enrico, due persone di quelle speciali che sono tutta gentilezza e condivisione. Sono loro a prestare a noi e ad un paio di altre persone la loro terra, per permettere anche chi non ne ha la possibilità di crescere il proprio orto. Anche se non si tratta proprio di un orto qualunque, ma di un orto sinergico e cioè quello che i contadini più tradizionali chiamano con un certo ribrezzo “LE TOMBE”, per via della sua conformazione un po’ particolare. Non voglio tediarvi con lo spiegone di cosa sia un orto sinergico e di come funzioni, potete leggervelo su tanti siti (per esempio qui), vi basti sapere che è semplicemente un modo più naturale di coltivare, che non forza la terra ma che ne segue i ritmi naturali, sfruttando le consociazioni tra piante. E’ come dire che le piante hanno degli amici speciali, e quando li si mette vicini sono più felici e crescono meglio (tranne le patate, che sono scorbutiche e non amano nessuno). Ed è anche un modo un po’ più creativo di fare l’orto. In mezzo alle verdure crescono i fiori (la borragine che attira tantissime api, le calendule, i nasturzi, l’achillea) e si semina in piccole file e ciuffi, cercando la maggior varietà possibile.

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Per me che sono una confusionaria convinta, questo tipo di orto è una pura gioia (e un po’ una catastrofe visto che lascio che tutto cresca senza controllo) perché quando le piante sono belle rigogliose, è come guardare un mini giardino di verdure, una piccola foresta commestibile che accoglie anche animaletti e insetti e mantiene il terreno naturalmente umido. Se osservaste la striscia di Luisa notereste invece immediatamente un certo ordine, una buona geometria nelle disposizioni, segno che anche l’orto è pura espressione personale di ognuno. E’ per questo che ogni tanto ci portiamo dietro mamma Pemberley, che più concreta di noi almeno in queste cose, pota e strappa tutto quello che noi teniamo per troppo buon cuore.

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Per chi lavora con le mani avere un orto è un po’ un passaggio naturale. Quando sei lì che strappi le erbacce e mentre il sole tramonta annaffi con cura, i pensieri si stemperano e ti godi una serena beatitudine… quella stessa sensazione che noi creativi conosciamo così bene mentre lavoriamo tranquilli. Seguire la crescita delle verdurette, fin da quando germogliano a quando finalmente vengono colte e cucinate, è inoltre un buon esercizio di pazienza ma anche di amore e cura.

E voi lo avete un caro orto? Valgono anche quelli raccolti annidati nei balconi, o quelli ancora più piccoli sul davanzale di una finestra. Se ne avete la possibilità e non vi siete ancora lanciati, provateci. Non vi serve un pollice verde, solo un po’ di pazienza e amore.

Lalla